Non è proprio una cosa nuova per me. A dirla tutta, mi sembra un’eternità da quando manco dall’India, ma se guardo il passaporto mi dichiara che sono uscito dal paese da meno di sette mesi. Certo, nel frattempo ho vissuto in quattro case diverse tra le Canarie e l’Italia e navigato fra le burocrazie dei due paesi. Ma questa è un’altra storia—o forse il prologo di questa.
Di nuovo in India. A casa.
Un ritorno che ogni volta sembra un nuovo inizio. Ho sentito questo paese crescere nel mio cuore dalla prima volta che ho messo piede in un’umida e afosa Mumbai nel 2005. Ricordo ancora come, dopo il mio primo rientro in Europa, tutto il resto era diventato in qualche modo ovattato: i colori meno vivaci, i suoni meno intensi, gli odori e i profumi più sfumati… come se il resto del mondo avesse abbassato il volume della vita. Adesso la maggior parte di queste cose — mangiare con le mani, andare in giro a piedi nudi, bere da una bottiglia senza portarla alla bocca, aprire la mia giornata riconoscendo un valore spirituale alla mia esistenza — per me sono diventate normali. Ed è l’opposto che mi appare “strano.”
Fra un paio di mesi saranno vent’anni di frequentazione assidua. Ho passato più tempo lì che ovunque negli ultimi 14-15 anni.
L’anno scorso un’amica mi ha fatto una lettura astrologica vedica secondo la tradizione indù. Mi disse che nel 2025 mi sarei fermato, avrei messo in pausa il mio girovagare degli ultimi due decenni… Figurarsi!

Ero appena uscito da un periodo di studio della lingua e della filosofia tibetana in un college a Dharamsala, stavo proseguendo i miei studi di yoga a Mysore ed ero in partenza per lo Sri Lanka, con la prospettiva di volare poi alle Canarie dopo due mesi.
Eppure, oggi sto partendo dall’Italia, dove lascio un monolocale affittato.
Non una stanza vuota, ma un contratto di affitto ancora in corso mentre io sarò lontano. Ho comprato un biglietto di andata e ritorno!
Non il solito “one way ticket.” Ok, il ritorno è aperto… dopotutto, i cambiamenti non avvengono dall’oggi al domani.
L’ottica della mia partenza è diversa da ciò a cui mi ero abituato.
Parto con una nuova prospettiva mentale e un bagaglio più leggero, sia fisico che emotivo. Non porto con me tutto ciò che possiedo, ma solo ciò che è davvero essenziale, riflesso di anni di decluttering sia materiale che spirituale. Separare lo zaino in “zona cucina, libreria, bagno e armadio 4 stagioni” non è più necessario. Ora porto solo ciò che serve davvero.
Nel 2011 mi sono licenziato dal lavoro come ingegnere, ho scelto una direzione e sono partito con un biglietto per il giro del mondo valido per un anno, subaffittando l’appartamento che stavo affittando. Al mio ritorno ho lasciato quella casa, messo i miei averi in scatole che ho depositato, insieme alla macchina, nel magazzino di un amico. L’anno successivo ho venduto la macchina… e così via, fino ad avere la mia casa e la mia vita nello zaino. (Ok, ok, un po’ di scatole in realtà ancora esistono ed è da quelle che sono ripartito in questo mio ultimo rientro italiano. Non è che abbia buttato via le cose utili ).
“Chi vuol esser lieto, sia: del doman non v’è certezza.”
Recitava la Canzona di Bacco del 1490.
E così, incerto su quando potrò tornare in India, ho deciso di farlo subito. Se le priorità vanno settate in funzione di ciò che conta di più, allora per me è la serenità mentale.
Beh, allora voglio ripartire di nuovo da lì a distanza di 20 anni.
Ora ho abbandonato l’illusione del posto fisso così come l’inganno della sicurezza che le soluzioni terrene e materiali siano “per sempre.”
Navigo a vista, con una direzione chiara e una rinnovata capacità di vivere l’unico momento reale: il presente.
Ieri è un ricordo che il tempo sbiadisce.
Domani solo un’idea che non sappiamo se sarà.
Oggi, ora, è il momento per essere felice. A prescindere da tutto.
Il titolo di questo articolo parla di una quarta fase del viaggio.
Qualche anno fa ho iniziato a riflettere, distinguere e scrivere sulle fasi del viaggio — chissà forse pubblicherò anche quelle parole in futuro — e la quarta fase del viaggio si era delineata come la fase in cui, dopo aver accumulato esperienze nelle prime tre, si è giunti al momento in cui si sente il desiderio di restituire ad altri ciò che si è ricevuto.
Si vuole condividere quanto è stato perché può essere di aiuto, conforto, ispirazione o insegnamento ad altri.
Questa fase del viaggio prescinde dagli spostamenti fisici preponderanti nelle altre tre.
Entusiasta.
Ho iniziato la mia quarta fase del viaggio…
Ed ho anche pensato di dedicare questa sezione del blog per condividere diversi aspetti del “viaggio,” da un punto di vista più personale.
L’Essenza Del Viaggio Non É Arrivare, Ma Scoprire Chi Si Diventa Lungo Il Cammino.