GLI YOGASutra di patanjali

Samadhi Pada • sutra 30

व्याधि स्त्यान संशय प्रमादाअलस्याविरति भ्रान्तिदर्शनालब्धभूमिकत्वानवस्थितत्वानि चित्तविक्षेपाः ते अन्तरायाः ॥१.३०॥
vyādhi styāna saṁśaya pramāda-ālasya-avirati bhrāntidarśana-alabdha-bhūmikatva-anavasthitatvāni citta-vikṣepāḥ te antarāyāḥ ॥1.30॥
Malattia (vyādhi), pigrizia mentale (styāna), dubbio (saṁśaya), procrastinazione (pramāda), pigrizia fisica (ālasyā), attaccamento ai piaceri sensoriali (avirati), percezione errata (bhrāntidarśana), incapacità di raggiungere stabilità (alabdha-bhūmikatva), incapacità di mantenere i progressi raggiunti (anavasthitatvāni). Queste distrazioni della mente (citta-vikṣepāḥ) sono gli impedimenti (antarāyāḥ) sul sentiero dello yoga.
Commento
In questo sutra Patañjali nomina nove stati che disturbano la mente (citta-vikṣepāḥ) e ostacolano il percorso dello yoga. Li chiama antarāyāḥ, impedimenti, ostacoli. Non sono nemici esterni, ma condizioni interne che destabilizzano il flusso della consapevolezza.

Alcuni ci sono molto familiari.

Malattia (vyādhi): quando il corpo è affaticato o dolorante, la pratica viene rallentata o sospesa. Può trattarsi di un infortunio, di una condizione cronica, o anche solo di un malessere passeggero, un’infiammazione o una tensione muscolare, che distoglie l’attenzione dal respiro, ma può anche scuotere più a fondo, mettendo in discussione la nostra motivazione.
Pigrizia Mentale (styāna): si manifesta come quella nebbia in cui sappiamo cosa dovremmo fare, ma restiamo immobili, apatici, come se mancasse la scintilla iniziale. C’è tempo, ma non concentrazione. Il tappetino è lì, ma resta vuoto.
Dubbio (saṁśaya): può emergere come mancanza di fiducia nella pratica (“Funziona davvero?”), o in se stessi (“Ne sono capace?”). Può anche riguardare l’insegnante, il metodo, il percorso intrapreso (“Ha davvero senso tutto questo?”).
A volte si maschera da pensiero critico, ma dentro si muove un’irrequietezza sottile.
Negligenza o Procrastinazione (pramāda): dimenticare la cura del corpo, sottovalutare i segnali della mente. A volte è una leggerezza, a volte una scelta comoda che si ripete. Può essere molto concreta: decidere di saltare la pratica “solo per oggi” e poi trovarsi dopo una settimana ancora fermi. Oppure più sottile: mantenere una routine meccanica, senza reale presenza.
Pigrizia Fisica (ālasyā): emerge nei giorni in cui il corpo sembra fatto di piombo, e anche solo stendere il tappetino appare faticoso. È diversa dal bisogno reale di riposo, è una resistenza viscerale all’azione.
Attaccamento Ai Piaceri Sensoriali (avirati): non riguarda solo i grandi desideri, ma anche piccole abitudini. Restare a letto invece di alzarsi per praticare, cedere sempre a una gratificazione immediata – cibo, comfort, distrazioni – che ci impedisce di raccoglierci e di coltivare una direzione più profonda.

Poi ci sono impedimenti più sottili, che emergono spesso quando pratichiamo già da un pò di tempo:

Percezione Errata (bhrāntidarśana): è la distorsione del discernimento. Ci fa confondere le proiezioni della mente con la realtà. Può accadere quando ci convinciamo di aver “raggiunto” qualcosa nella pratica, o al contrario quando pensiamo di essere “bloccati”, senza accorgerci che è solo una visione parziale. Quando si scambia un’esperienza emotiva per uno stato meditativo, o si interpreta il dolore come “purificazione”.
Incapacità Di Raggiungere Stabilità (alabdha-bhūmikatva): la pratica è costante, ma non si approfondisce. Un asana che non si stabilizza, una mente che non riesce a restare in meditazione oltre pochi istanti.
Instabilità Dei Progressi (anavasthitatva): è quella sensazione frustrante di perdere ciò che avevamo guadagnato, la concentrazione, la serenità, la costanza. Come se qualcosa si fosse rotto, anche se sappiamo che fa parte del percorso. Si era trovato un equilibrio, poi si perde. Dopo una buona fase, tutto sembra svanire. È comune, ma può essere demoralizzante.
Chi ha sperimentato momenti di chiarezza e poi si è ritrovato “indietro” comprende bene queste due forme di instabilità.

Patañjali non giudica. Non dice che questi stati sono errori. Dice solo che deviano la mente (citta-vikṣepāḥ). Sono come correnti sotterranee: non sempre visibili, ma capaci di trascinarci lontano. Riconoscerli è già parte del cammino. Non possiamo trasformare ciò che non vediamo.

Questo sutra invita alla vigilanza, ma anche alla comprensione compassionevole. Non serve combattere questi stati, né negarli. Serve solo guardarli con onestà, giorno dopo giorno, come parte di quel processo vivo e imperfetto che è la pratica dello yoga. La mente si distrae: è la sua natura. Ma ogni volta che la riportiamo al presente, creiamo spazio per una pratica più viva, più consapevole.

favicon Ashtanga Marga Alan Yoga Attimi Consapevoli Quotidiani
Ogni volta che ti accorgi di essere andato altrove, torna. Senza colpa, senza collera, senza giudizio. È questo il momento più importante della pratica.
– Jon Kabat-Zinn, Dovunque Tu Vada, Ci Sei Già

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Torna in alto